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FAMIGLIA: Lamiaceae NOMI COMUNI: Isopu, santorin, serea, saleia, ciatura, sagarzola, segrescula, sedulia, pevarela, savurezzen, dragon, coniella, timo dritto, erba acciuga, savitarella, peperna, santaredda. LA DROGA: La porzione aerea della pianta. QUANDO SI RACCOGLIE: La pianta si raccoglie in estate, durante la fioritura, recidendola a pochi centimetri da terra; si eliminano le foglie secche o avariate e le eventuali porzioni basali di stelo indurite o lignificate. PROPRIETÀ: Aromatizzanti, digestive, antispasmodiche, stimolanti, purificanti. PRINCIPI ATTIVI: Olio essenziale (contenente oltre il 30% di carvacrolo), sostanze tanniche e oligo minerali.
La Santoreggia è molto usata, per il grato aroma, in gastronomia, liquoreria e profumeria. Nell' uso medicamentoso essa ha virtù digestive, antispasmodiche e carminative. La medicina popolare le attribuisce anche proprietà vermifughe e antidiarroiche, antiemetiche, espettoranti e stimolanti della sfera intellettuale e sessuale. Conviene tuttavia limitare l' uso medicamentoso della Santoreggia a quello stomachico e antispasmodico poichè le piante di questa famiglia possono provocare, a dosi eccessive, effetti secondari indesiderati.
La parte aerea della pianta: Per aiutare la digestione. Infuso: 2 grammi in 100 ml di acqua. Una - due tazzine all' occorrenza. Tintura: 20 grammi in 100 ml di alcool di 60°. A gocce, fino a mezzo cucchiaino, all' occorrenza.
La parte aerea della pianta: Per le mucose boccali ulcerate, per il mal di gola. Infuso: 4 grammi in 100 ml di acqua. Fare sciacqui e gargarismi.
Bagni o pediluvi con una manciata di Santoreggia sono stimolanti, tolgono la stanchezza, purificano e deodorano. L' infuso o la tintura diluita frizionati sul cuoio capelluto migliorano le condizioni del bulbo pilifero. |